Durante questi giorni di reclusione, mi sono imbattuta in vecchi film horror degli anni ‘90. Da amante del genere, provo sempre un misto di curiosità ed orrore a scoprire che certi film, thriller o horror o che siano, sono basati su personaggi realmente esistiti, la cui storia è talmente scioccante, spesso assurda, che la penseresti solo in un’opera di finzione.
È il caso ad esempio di Split, il film di M. Night Shyamalan basato sull’incredibile caso psichiatrico di Billy Milligan, oppure Lolita, film di Kubrick e romanzo omonimo di Nabokov ispirato da una vera storia di pedofilia criminale avvenuta negli Stati Uniti. Per non parlare di personaggi leggendari come Ed Gein, il serial killer che collezionava i corpi delle sue vittime e ne metteva in mostra le parti nell’arredamento di casa, che ha ispirato personaggi di fantasia come Norman Bates di Psycho, il killer de Il Silenzio degli Innocenti o Leatherface di Non Aprite quella Porta.
Di film horror ispirati a fatti di cronaca ce ne sono molteplici, ed è sempre un piccolo shock scoprirli. Tra questi ci sono esempi sorprendenti come L’Esorcista, Amityville Horror, The Exorcism of Emily Rose, Nightmare, La Bambola Assassina, The Conjuring e Annabelle. In particolare però ce n’è uno diventato presto un piccolo cult dei tempi moderni, e che non tutti sanno essere ispirato a un personaggio realmente esistito: un killer che durante il corso di un weekend nell’estate 1990, ha seminato il terrore nel campus dell’Università della Florida, a Gainesville. Il suo nome era Danny Rolling e lo soprannominarono “lo squartatore di Gainesville”. Il primo capitolo della saga Scream prende spunto dalla vicenda.
Come quasi sempre accade quando si tratta di serial killer, la storia comincia con un’infanzia difficile: il padre era un poliziotto violento sia con la moglie che col figlio, e ne venne fuori un ragazzo con problemi di integrazione sociale e di relazione con l’altro sesso.
Nel 1990 Danny aveva 26 anni e quell’estate, durante un diverbio col padre, lo aggredì con l’intenzione di ucciderlo: in quell’occasione il padre ci rimise un occhio e un orecchio, e la vena omicida di Danny Rolling si era ufficialmente liberata.

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Qualche tempo dopo, nel weekend che tra il 24 e il 27 Agosto 1990, Danny Rolling uccise cinque studenti universitari di Gainesville, seminando il terrore tra gli adolescenti per l’efferatezza e la teatralità con cui quei corpi vennero trovati.
Le prime vittime furono due matricole 17enni: Sonja Larson e Christina Powell. L’assassino penetrò nell’appartamento, pugnalò prima a morte Sonja sul letto in cui dormiva, poi andò nel letto di Christina, le legò le mani dietro la schiena e la minacciò con un coltello abusandone, per poi costringerla a terra pugnalandola alle spalle. Danny posizionerà poi il cadavere in una posizione sessualmente provocante, come un dono specifico per chi l’avrebbe ritrovata.
L’indomani lo squartatore ripeté in maniera quasi identica quanto aveva fatto con Christina, con la 18enne Christa Hoyt, aggiungendo però un dettaglio: posizionò la testa tagliata della ragazza su uno scaffale, come per guardare il suo stesso corpo mutilato.
A quel punto i media locali iniziarono a riempire le strade di Gainesville, alimentando il pericolo e, per certi versi, spettacolarizzando le imprese del serial killer (aspetto che il film Scream non manca di sottolineare).
Il serial killer si prese un giorno di pausa e tornò a colpire il lunedì, di nuovo con un doppio omicidio di Manny Taboada e la sua ragazza, Tracy Paules. Dopo la colluttazione che pose fine alla vita di Manny, la povera Tracy ricevette lo stesso trattamento delle altre tre, fino al posizionamento strategico del corpo.

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I primi due principali sospettati furono due studenti del luogo, che poi vennero scagionati da ogni accusa. Il vero assassino fu catturato un paio di settimane dopo a Ocala, cittadina 40 miglia a sud di Gainesville, per furto con scasso.
In prigione, Danny Rolling spiegò che voleva diventare famoso come Ted Bundy, il serial killer che negli anni ’70 commise trenta omicidi tra il Colorado e la Florida. Durante la sua permanenza in prigione, l’assassino venne messo in relazione con un altro triplo omicidio, avvenuto in Louisiana l’anno prima dei delitti di Gainesville. Rolling non confessò quegli omicidi, ma tra gli scritti in prigione fu possibile identificare dei riferimenti inequivocabili, che solo l’assassino poteva conoscere.

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Danny Rolling morì per la pena di morte che si vide assegnare, eseguita nel 2006 tramite iniezione letale.
Il film Scream, ovviamente, ha introdotto ulteriori elementi non presi dalle vicende reali: Danny non ha mai indossato alcuna maschera ispirata al dipinto de L’urlo di Munch, né ha mai fatto telefonate minacciose dalla prigione, ma riesce a rendere bene il panico di un’intera comunità universitaria, generato dagli omicidi a frequenza regolare e il ruolo dei media nel dare spettacolo alla vicenda. Tutt’altro approccio invece seguirono le autorità del caso, in particolare lo sceriffo Sadie Darnell, che si rifiutò di rilasciare interviste ai media per lungo tempo, anche diversi anni dopo, invitando tutti a lasciarsi quel brutto momento alle spalle e non dare ulteriore visibilità all’assassino, perchè di solito è esattamente quello che vogliono.

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