Cosa si è disposti a fare per mantenere la propria bellezza?
Da qualche giorno, mi sono imbattuta nella lettura del romanzo storico La contessa nera di Rebecca Johns, del 2011, la cui copertina mi aveva fin da subito interessata.

Credits: @thrillercafe

Man mano che mi addentravo nella lettura del libro, mi sono chiesta: qual’è la vera storia di Erzsèbet, nota per aver ucciso centinaia di servi e ragazze? 

E’ davvero meritata la qualifica de “la più spietata serial killer donna della storia d’Europa”?

Sono queste le risposte che ricercavo nel romanzo, che fornisce un accurato racconto della vita della Contessa, dall’infanzia alla gioventù, spesa nei lussi della mitteleuropa, fino alla prigionia estrema, murata viva in una stanza del castello di Csejthe.

Ma partiamo dall’inizio: siamo nell’Ungheria del XVII secolo, secolo colmo d’arte e di sangue, dove, tra le pieghe della storia più burrascosa, Erzsèbet Bàthory ha giocato un ruolo che le cronache dell’epoca hanno bollato come la Contessa Dracula.

Credits: @wikipedia

Nata nel 1560 in Ungheria e cresciuta in Transilvania,  Erzsébet proveniva da un’importante casata protestante: una famiglia ricca e potente, nella quale però scorreva una vena di follia: complice probabilmente la consanguineità, e molti membri della casata furono affetti da schizofrenia e altri disturbi mentali.

Un sangue corrotto, dunque, al quale si aggiunsero una serie di storie popolari, che associavano la famiglia della contessa alla sanguinaria discendenza del più noto conte Dracula. A 15 anni la bella Erzsébet sposò il nobile Ferenc Nádasdy, e si trasferì nel castello di Nádasdy di Sárvár nel Transdanubio. 

Credits: @wikipedia

La leggenda della contessa sanguinaria inizia da qui: con uno sposalizio che la legò a uno degli uomini più crudeli che la storia ricordi.

Si pensa infatti che l’influenza e la complicità del consorte favorirono la “pazzia” della contessa. Esponente principale di una delle famiglie più importanti d’Ungheria, Ferenc Nádasdy viene ricordato come un condottiero tanto valoroso quanto sanguinario, un signore della guerra spietato e crudele, che divenne un eroe nazionale delle campagne contro gli ottomani, affiliato a un gruppo di spadaccini noto come il Terribile Quintetto. Il mestiere delle armi, infatti, lo trattenne spesso lontano da casa, dove, si racconta, la contessa potesse agire indisturbata.

L’autrice del romanzo, passa in rassegna le vicende personali della Bàthory con estrema accuratezza: dalle violenze subite, agli amori vissuti e il contesto storico burrascoso e senza pietà con cui Erzsebèt si trova a dover convivere. L’assassinio perciò diviene un’arma per difendersi, indispensabile trasformandosi quasi in un piacere.

Servi, amanti e familiari cadono sotto la scure della Contessa. Alcuni parlano addirittura di oltre 600 omicidi totali, tutti ai danni di giovani donne di varia estrazione sociale. La tortura e la flagellazione erano i passatempi preferiti della contessa, messi in atto grazie alla connivenza del marito e della nobiltà.

Forse è vero che il male subito porta a provocare altro male, ma questa non è una giustificazione valida per il sangue di cui si macchiò le mani.

Il romanzo sembra tentare quasi di trovare un’attenuante ai delitti commessi dalla donna, descrivendo le vicende che l’hanno coinvolta in una chiave più umana, comprensibile e priva delle leggende e del folklore che una figura così discussa si è inevitabilmente attratta.

Si dice inoltre che la donna fosse anche un’appassionata di magia nera, e un giorno, dopo aver ferito una serva, si sporcò le mani con alcune gocce di sangue. Da allora Erzsébet, ossessionata dall’idea di invecchiare e di perdere la sua bellezza, si convinse che il sangue della malcapitata l’avesse fatta ringiovanire. A questo, dunque, servirono i numerosi delitti di cui si macchiò: procurarsi giovani vittime per ricavarne vasche piene di sangue dove fare il bagno e restare eternamente giovane.

Accusata di crimini terribili, La contessa Báthory trascorse gli ultimi giorni di vita murata nella sua stanza, dove si lasciò morire di fame.

Castello di Cachtice in Slovacchia, dimora della Contessa
Credits: @turismoslovacchia

Se tutto ciò corrisponda alla realtà non spetta a me dirlo, probabilmente qualche ricostruzione psicologica è un po’ scricchiolante ma alla fine non importa. Ne risulta una lettura piacevole, avvincente e mai banale. La Contessa nera fa riflettere, intrattiene e incuriosisce.

Non è forse questa la missione di un libro?



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