Durante un weekend all’insegna della cultura e della storia italiana in una delle città più belle e affascinanti del nostro paese, Assisi, non potevamo non addentrarci nella Basilica del santo di Fratello Sole e Sorella Luna: San Francesco. 

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Ammirando i maestosi capolavori interni del grande maestro d’arte del’300, Giotto di Bondone, non abbiamo potuto fare a meno di notare un particolare, sfuggito nelle visite precedenti, che ci ha lasciate alquanto perplesse.

Tra le nuvole del ventesimo episodio del ciclo pittorico delle Storie di San Francesco, il profilo di un volto si affaccia sogghignando tre le due scene dell’affresco, quella di sotto della morte del Santo e quella di sopra dell’assunzione della sua anima nel Regno dei Cieli.

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Incuriosita dalla cosa, ho voluto approfondire la questione, cercando di capire cosa il volto rappresentasse e perché. 

La medievista Chiara Frugoni, una tra le massime esperte della storia del santo, ha ipotizzato essere il profilo di un diavolo.

Ma per quale motivo il pittore ha ritratto proprio quella figura, così vicina all’angelo sulla destra?

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Nemmeno la Frugoni ha dato un’interpretazione chiara della cosa. 

Del resto, l’uso di celare elementi poco chiari, incomprensibili, intuibili o riconducibili alle vite degli artisti è stato assai ricorrente nella storia dell’arte, portando spesso a infinite dispute interpretative, talvolta dal dubbio valore scientifico e storico.

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Si tratta dunque di un gioco di linee per l’artista o di un simbolo con un preciso significato religioso?

Ad ogni modo, nascosto per otto secoli, quel volto ridacchia beffardo dinanzi agli occhi degli ignari visitatori.


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